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6° parte – Incarico del CTU

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    Udienza di conferimento d’incarico e giuramento del CTU

    6° parte – Incarico del CTU

    By Fabrizio Fava | Area Tecnica, Tecnica Forense | 0 comment | 14 Aprile, 2015 | 0

    Parte 6 – L’udienza per conferimento d’incarico e giuramento del CTU

    L’udienza di conferimento di incarico configura il vero e proprio inizio del mandato del consulente prescelto; in questa fase si concretano aspetti che soventemente finiscono per condizionare, anche in modo sostanziale, l’attività del consulente, uno su tutti il quesito. L’importanza di questo momento, pertanto, richiede una dinamica proattiva affinché si possano realizzare le migliori condizioni di assolvimento dell’incarico e minimizzare le problematiche che potrebbero condurre, in estremo, fino all’annullamento della consulenza. L’udienza, inoltre, prevede obbligazioni importanti per l’intera attività dell’esperto e diverse assunzioni da evidenziarsi per il ruolo che è chiamato a ricoprire l’ausiliario. In questo contributo, e nel prossimo, passeremo in rassegna ogni momento dell’udienza sottolineandone i rilievi formali e sostanziali.

    Il conferimento di incarico del CTU.
    Con l’udienza di conferimento d’incarico inizia l’attività formale del consulente prescelto; invero l’incombenza di fronte al giudice e ai legali delle parti (talvolta delle parti stesse e dei loro consulenti tecnici) si evidenzia per la sua importanza poiché in questa fase si concretano taluni aspetti che soventemente finiscono per condizionare l’attività del consulente nel prosieguo della sua attività, uno su tutti il quesito formulato dal giudice.

    L’importanza di questa fase richiede, pertanto, una dinamica proattiva del consulente designato nell’indirizzo di collaborare con il giudice, che spesso, sotto il peso dei numerosi procedimenti in trattazione della giornata non sempre ha il modo di approfondire tutti i risvolti del procedimento.

    Difatti, sin da questa fase possono determinarsi le condizioni per l’eventuale annullamento della consulenza tecnica con i conseguenti effetti in ordine alle responsabilità del consulente, ampiamente esaminate.

    Nell’udienza l’atto formale con il quale l’ausiliario assume l’impegno ad assolvere pienamente, onestamente, consapevolmente, con l’impegno delle sue capacità professionali e intellettuali, il proprio incarico è quella del giuramento.

    Art. 193 cod. proc. civ. – Giuramento del consulente: All’udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente l’importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere alle funzioni affidategli al solo scopo di far conoscere al giudice la verità.

    L’art. 193 riporta, tra l’altro, letteralmente la formula del giuramento che recita «Giuro di bene e fedelmente adempiere alle funzioni affidatemi al solo scopo di far conoscere al giudice la verità».

    Si può osservare che allo stato i consulenti tecnici di ufficio sono rimasti gli unici soggetti a formulare il giuramento (i testimoni si “limitano”, infatti, a recitare una dichiarazione d’impegno); Il giuramento è comunque un atto che racchiude in sé l’importanza del ruolo e dell’impegno e responsabilità che il consulente assume con il conferimento dell’incarico. Nonostante ciò, l’eventuale omissione del giuramento non forma motivo di nullità della consulenza tecnica.1

    1. Poiché la legge non commina la nullità della consulenza tecnica d’ufficio in caso di mancata prestazione del giuramento da parte del consulente, ben può il giudice utilizzarne i risultati – pur in presenza di siffatta omissione – ai fini del suo convincimento (Cass., Sez. III, sent. n. 5737, 24 settembre 1986).

    Ma se il giuramento è un aspetto importante in relazione alla consapevolezza dell’assunzione delle responsabilità per il consulente, rimane sempre atto formale tale da non incidere sulla sostanza del mandato del lavoro del consulente, rilevanza che invece possono assumere altri aspetti e condizioni che si originano nell’udienza di cui trattiamo, come per esempio il quesito.

    Per esemplificare possiamo riferire, in un quadro sinottico, l’insieme delle disposizioni e assunzioni che si originano nella udienza e che vengono riportate nel relativo processo verbale che, solitamente, viene trascritto dal giudice direttamente o da uno dei legali a fronte dell’assoluta carenza di personale di cancelleria che dovrebbe essere preposto all’incombenza.

    Le diverse assunzioni che vengono svolte in udienza e che esamineremo appresso e nel prossimo contributo sono:

    • registrazioni presenze;
    • dichiarazione di accettazione d’incarico del consulente prescelto;
    • giuramento del consulente con dichiarazione delle proprie generalità e domicilio;
    • formulazione del quesito;
    • dichiarazione di inizio delle operazioni peritali o rinvio;
    • autorizzazione accesso ai pubblici uffici (eventuale);
    • autorizzazione all’uso del mezzo proprio e/o di viaggio;
    • autorizzazione accesso ai luoghi (eventuale);
    • autorizzazione ad avvalersi di esperti ausiliari (eventuale);
    • nomina dei consulenti tecnici di parte o rinvio;
    • termine di invio della relazione alle parti;
    • termine alle parti per proporre le loro osservazioni alla relazione del CTU;
    • termine di deposito della relazione;
    • termine di rinvio del procedimento;
    • disposizione del fondo spese.

    Con l’apertura del verbale di udienza si riporta, oltre alla data, l’indicazione dell’ufficio giudiziario, del giudice delle presenze dei procuratori delle parti e del consulente prescelto. Talvolta, in calce al verbale, quando vi è la presenza di praticanti degli studi legali, si riportano le generalità di questi al fine di dare atto della loro partecipazione ai fini della pratica legale.

    Il giudice, poi, chiede al consulente prescelto se intende assumere l’incarico ovvero se, eventualmente, vi siano motivi idonei per dover dichiarare l’astensione. In verità, se cosi fosse (come abbiamo detto a pag. 19), il consulente avrebbe dovuto presentare apposita istanza al giudice che lo aveva nominato almeno tre giorni prima.

    Dopodiché, il consulente presta il giuramento di rito recitando la formula anzi vista e declina le proprie generalità che saranno trascritte a verbale.

    Le generalità si configurano in nome, cognome, data di nascita e residenza. Talvolta possono essere anche aggiunti la qualifica (per esempio, geometra libero professionista) e il termine “indifferente”, con ciò a ribadire la totale estraneità con le parti e le questioni in contesa giudiziaria.

    Il quesito.
    Il giudice a questo punto formula il quesito al consulente. Invero, in questo momento emerge con tutta evidenza la reale portata della consulenza nell’attuale processo civile che, come in altre occasioni in questa pubblicazione abbiamo avuto modo di sottolineare, è centrale rispetto alla decisione che assumerà il giudice. Sempre di più nell’odierno processo civile, quando le questioni controverse si risolvono in aspetti di natura tecnica, il CTU decide l’esito della causa. Pertanto il contenuto e la finalità del quesito diventano essenziali per il perseguimento degli obiettivi delle parti.

    Con la legge 69 del 18 giugno 2009 di riforma del processo civile, l’art. 191 cod. proc. civ. è stato così sostituito dall’art. 46, comma 4.

    Art. 191– Nomina del consulente tecnico: Nei casi previsti dagli artt. 61 e seguenti il giudice istruttore, con ordinanza ai sensi dell’art. 183, settimo comma, o con altra successiva ordinanza, nomina un consulente (22 ss, 89 att.), formula i quesiti e fissa l’udienza nella quale il consulente deve comparire. Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge espressamente lo dispone.

    La riforma ha introdotto la formulazione del quesito già all’atto della nomina mediante apposita ordinanza.

    Il consulente, pertanto, all’atto della notifica del provvedimento non solo potrà assumere cognizione di essere stato prescelto dal magistrato ma anche quali sono le finalità e le richieste poste a fondamento dell’incarico che andrà ad assumere.

    La disposizione è volta a favorire un più rapido svolgimento della udienza di affidamento dell’incarico ed evitare le frequenti contrapposizioni a cui si assisteva tra i difensori all’atto dell’assegnazione del quesito all’esperto. Ciò tuttavia – è da rilevare – non toglie la possibilità, sia per le parti sia per il consulente, di interloquire con il giudice qualora la richiesta non colga in pieno le finalità alla cui base vi è il ricorso all’opera del consulente, ovvero ove questa non sia caratterizzata dalla necessaria concretezza per produrre un risultato convincente ed esaustivo. Infatti il quesito, che rappresenta lo strumento dell’intero svolgimento del mandato del consulente, è quello che ne determina le finalità e i limiti delle attività. Più il quesito sarà generico, omnicomprensivo, poco chiaro e adeguatamente dettagliato tanto maggiore sarà la possibilità, nel corso dell’attività, dell’insorgere di contrasti, dispute, pressioni delle parti, dei legali e dei consulenti tecnici.

    Un buon quesito infatti dovrebbe:

    • indicare il compito del consulente;
    • essere comprensibile, di chiara lettura;
    • individuare l’oggetto dell’indagine e la valutazione richiesta;
    • comprendere gli accertamenti nel limite delle domande delle parti;
    • non richiedere accertamenti dei fatti il cui onere incombe sulla parte;
    • non richiedere valutazioni giuridiche.

    Per questo appare essenziale che l’esperto faccia rilevare puntualmente eventuali difformità o carenze, ricordando, ove occorra, che a quel quesito egli dovrà rispondere mediante motivazioni chiare, oggettive e, possibilmente, incontrovertibili.

    Tuttavia nell’ipotesi che il consulente, nel corso dello studio degli atti che segue la partecipazione all’udienza, si renda conto che il quesito non risulti coerente alle richieste formulate dalle parti ovvero parziale, omnicomprensivo o comunque soggetto a interpretazione, è tenuto a fare presente ciò al giudice mediante una specifica istanza.

    Per la verità è da rilevare che la novella introdotta dalla riforma era già stata anticipata dalla prassi in uso in molti tribunali ove i giudici ricorrevano all’ordinanza con la formulazione anticipatoria dei quesiti per la nomina del consulente.

    A questo punto il giudice chiede al consulente incaricato se desidera sin d’adesso indicare la data d’inizio delle operazioni. Il consulente, infatti, può scegliere due soluzioni: indicare la data in sede di udienza facendo quindi riportare a verbale ora, data e luogo, ovvero riservarsi e indicarla in un momento successivo.

    L’argomento della comunicazione delle operazioni peritali riveste estrema importanza poiché, come quello della nomina dei consulenti tecnici di parte e della produzione documentale può intervenire sull’efficacia del lavoro del consulente potendolo invalidare; perciò all’argomento sarà dedicato un adeguato spazio nei prossimi contributi quando analizzeremo l’attività dell’esperto nei profili pratici.

    In questa parte ci limitiamo a osservare che, nella prima ipotesi, non incombe sul consulente alcun ulteriore obbligo di comunicazione spettando ai difensori l’onere di comunicare ai propri assistiti e consulenti di parte, qualora nominati, ciò che è necessario; mentre nella seconda tutte le responsabilità derivanti dalla corretta comunicazione riguardano il consulente. In ultimo si può sottolineare, inoltre, che nella prima ipotesi il consulente, avendo provveduto ad adempiere alla comunicazione in modo rituale, non deve rinnovare l’avviso d’inizio delle operazioni.

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    Fabrizio Fava

    Fabrizio Fava, oltre ad essere stilista designer del fashion system con specializzazione nella costruzione del Brand – Marchio, creazione e gestione dell’immagine aziendale e del prodotto, possiede una conoscenza trasversale e polivalente nella costruzione del prodotto moda. Vanta del riconoscimento di tecnico esperto dall’Ente Camerale di Macerata e con equivalenza dal Tribunale dove è iscritto come CTU e dalla Procura della Repubblica di Macerata come Perito. In ambito giudiziario apporta la propria consulenza tecnica legale per le categorie Tessili e Filiere, Abbigliamento in genere, Maglieria, Calzature, Pelletterie, Accessori Moda, Attività di Comunicazione Pubblicitaria e Proprietà Industriale (contraffazioni). Detiene la carica di "Responsabile della Delegazione della Provincia di Macerata” e di “Consigliere Nazionale" per il Collegio dei Periti Italiani. Dal 2021 è direttore tecnico della rivista Tech Art Shoes, della casa editrice Tecniche Nuove Spa di Milano.

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