Qual’è la figura del CTU nel processo civile?
La consulenza tecnica d’ufficio è un settore in cui da sempre i professionisti tecnici svolgono un ruolo di primo piano e che richiede sempre più frequentemente rilevante specializzazione e responsabilità. Difatti, a differenza di altri settori della professione tecnica, pur dinnanzi alla responsabilità di decidere spesso l’esito della controversia, al CTU non è richiesta una formazione specifica nel settore; tale fatto si pone all’evidenza come grave carenza dell’attuale sistema poiché un buon tecnico non necessariamente è un buon CTU. A questo, infatti, si richiedono conoscenze puntuali delle regole processuali e di procedura civile che condizionano in maniera essenziale la bontà del lavoro peritale. I contributi di questo speciale analizzeranno, in modo chiaro e compiuto, la figura, i compiti, gli obblighi e le responsabilità del consulente, in ogni fase del suo incarico.
Fonte: Guida Ctu
Parte 1 – Il Perito e il Consulente Tecnico di Ufficio (CTU) o CTP
La figura del Perito e/o Consulente Tecnico di Ufficio è disciplinata dal codice di procedura civile art. 61-64, 191-201 c.p.c.; art. 13-24, 89-92, disp. att. c.p.c. , art. 225, 226, 230, 359, 360, 501, 502, 510 c.p.p.
Il Perito e/o Consulente Tecnico è un organo giudiziario individuale al quale il Giudice può rivolgersi nello svolgimento della propria attività, quando l’oggetto della lite implichi questioni non risolvibili in base alle nozioni di comune esperienza. Nel giudizio civile si distingue tra consulente tecnico del giudice, o consulente tecnico d’ufficio (CTU), e consulente tecnico di parte (CTP).
Il Perito e/o Consulente Tecnico di Ufficio (CTU) è uno degli ausiliari del Giudice la cui funzione è tesa ad integrare l’attività di quest’ultimo, sia in quanto può offrire elementi per valutare le risultanze di determinate prove, sia in quanto può offrire elementi diretti di giudizio: proprio per tali motivi è una persona con particolare competenza in un determinato settore, chiamata a esprimere pareri, raccogliere motivazioni, effettuare verifiche, anche se non esercita mai attività decisoria che spetta invece esclusivamente al magistrato.
Pertanto, quando lo ritiene necessario, il Giudice può farsi assistere per il compimento di singoli atti o per tutto il processo da uno o più consulenti con particolare competenza tecnica (art. 61 c.p.c. ).
Art. 61 – Consulente tecnico: Quando è necessario il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica. La scelta dei consulenti deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice. |
Chi è e cosa fa il CTU.
Il ruolo del Consulente tecnico d’ufficio si concretizza in tutte quelle attività di ausilio al giudice atte ad accertare, rilevare e analizzare fatti inerenti il caso specifico della controversia oggetto della lite per produrre, mediante un elaborato (la c.d. relazione peritale), motivazioni chiare, oggettive e, possibilmente, incontrovertibili, in risposta ai quesiti che il giudice affida.
Il Consulente tecnico d’ufficio deve essere soggetto qualificato e specializzato nella materia formante l’oggetto della controversia e assiste il giudice quando questi non può essere in grado di analizzare, valutare o decidere aspetti particolari della controversia. Nella realtà mai nessuno si è preoccupato di delineare un percorso formativo specifico per i tecnici chiamati a svolgere compiti spesso assai delicati. Invero, per progettare o assumere incarico di coordinamento per la sicurezza di opere di rilevante importanza e ragguardevole valore economico si richiedono conoscenze e abilitazioni particolari, mentre a colui che giurisdizionalmente è chiamato a darne una valutazione sia sotto il profilo estimativo sia di qualità dei lavori, se da una parte si richiede una specializzazione nella materia oggetto della causa non si richiede, dall’altra, alcuna cognizione del quadro generale e particolare in cui adempie al proprio mandato che, nella maggior parte dei casi, deciderà l’esito della controversia. In verità assistiamo spesso a consulenze tecniche ineccepibili sotto il profilo scientifico ma carenti se non addirittura difformi dalle regole processuali che – per l’ambito in cui si svolgono – debbono obbligatoriamente rispettare.
L’opera del Consulente tecnico oggi, anche a fronte della grave crisi che attraversa il sistema giurisdizionale, è invece divenuta figura essenziale per il giudizio del magistrato; sempre più spesso, infatti, quando le liti si risolvono in questioni tecniche (si pensi alle svariate controversie in materia di confini, proprietà, appalti edilizi, contratti di compravendita immobiliare), proprio sull’esperto del giudice ricade la responsabilità di decidere l’esito della controversia.
Il mancato rispetto delle regole processuali può condurre a effetti spiacevoli sino a comportare l’annullamento della relazione peritale e – se del caso – a responsabilità disciplinari, penali e civili dell’ausiliario.
Difatti nella consulenza tecnica d’ufficio il valore delle norme processuali è al pari delle nozioni scientifiche che sono alla base dell’espressione del giudizio tecnico richiesto all’esperto. Potremmo dire che la norma codicistica sta alla relazione peritale come il sale alla pasta. Il sale, in un invitante piatto di pastasciutta, non si vede ma al primo assaggio se ne sente immediatamente la mancanza!
Gli istituti fondamentali a cui il consulente deve prestare attenzione e rispetto sono il principio del contraddittorio e il diritto alla difesa. Tali regole incombono, prima ancora che sull’ausiliario, sul giudice che lo nomina. Queste – che come detto, nelle diverse ipotesi di violazione possono condurre sino all’annullamento della consulenza tecnica – impongono particolari attenzioni nelle fasi della nomina dei consulenti delle parti e della presenza di soggetti diversi, delle attività peritali, della produzione e scambio documentale nel corso dell’incarico e del contraddittorio tecnico.
Quando viene nominato.
La nomina dell’esperto nel processo civile di cognizione si rende necessaria, in ogni caso, quando gli oggetti in contesa non hanno la possibilità di trovare accertamento diretto da parte del giudice istruttore attraverso gli elementi ricavabili dagli atti di causa o mediante i mezzi istruttori esperibili e, quando anche ciò fosse possibile, nell’ipotesi in cui il magistrato ritenga necessario avvalersi per l’espressione del proprio giudizio di un parere tecnico.
L’attività del Consulente.
L’attività del CTU può configurarsi in due distinte modalità che conducono alla decisione della controversia. Tali connotazioni sul ruolo del Consulente tecnico d’ufficio sono state riprese più volte da pronunce della Suprema Corte di Cassazione («Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l’incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti (consulente deducente) ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente); nel primo caso la consulenza presuppone l’avvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti; nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, senza che questo significhi che le parti possono sottrarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente; in questo secondo caso è necessario, infatti, che la parte quanto meno deduca il fatto che pone a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga che il suo accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che vi siano altri motivi che impediscano o sconsiglino di procedere direttamente all’accertamento», Cass., Sez.unite, sent. n. 9522, 4 novembre 1996).
La prima è quella che vede connotata la figura del consulente come percipiente. Al consulente, in questo caso, è affidato il compito di accertate fatti e situazioni non altrimenti accertabili e pertanto la consulenza assurge a fonte obiettiva di prova in quanto attraverso essa entrano nel processo fatti diversamente non dimostrabili. È questo il caso di una verifica statica o di un accertamento sulla conformità edilizio-urbanistica di una costruzione dove la sola cognizione tecnica consentirà di verificare la sussistenza della tesi sostenuta dalla parte.
La seconda definisce il consulente come deducente. Il consulente è chiamato, in questo altro caso, attraverso la sua specifica competenza a dare una valutazione a fatti già provati. La relazione, pertanto, non diventa un’attività istruttoria in senso stretto ma un’attività di deduzione dei fatti. Questo è il caso di incarichi aventi a oggetto la misurazione di una proprietà immobiliare o la determinazione dell’importo dei lavori per portare in pristino lo stato accertato di difetti a una parte immobiliare. Quindi l’attività del consulente talvolta si identifica in una vera e propria valutazione di fatti mentre in altre si traduce in un mero accertamento di fatti e situazioni. In nessuno dei due casi però la consulenza tecnica può tradursi in un’attività giudicante; questa responsabilità è rimessa esclusivamente al giudice.
Ancorché la consulenza tecnica di ufficio non sia da ritenersi prova nel processo, ma solo un mezzo istruttorio rimesso alla disponibilità del giudice, può tuttavia costituire fonte oggettiva di prova quando si risolve in uno strumento, oltre che di valutazione tecnica, anche di accertamento di situazioni di fatto rilevabili esclusivamente con il ricorso all’accertamento specialistico e a determinate cognizioni di carattere tecnico.
Il ricorso alla consulenza non è rimessa alla disponibilità delle parti ma al potere discrezionale del giudice cui è demandata la facoltà di valutarne la necessità o l’opportunità, essendo la stessa utilizzabile per la soluzione di questioni relative a fatti accertabili mediante il ricorso a cognizioni di ordine tecnico.
Anche la valutazione della relazione peritale è riservata al giudice istruttore nella sua esclusiva qualità di peritus peritorum, ovvero di “perito dei periti”, il quale non è vincolato ai risultati cui perviene il consulente;quando ritenga che questi siano condivisibili, convincenti e sufficientemente motivati, il giudice non è tenuto a motivarne specificatamente le ragioni nella sentenza potendosi limitare, nel complesso delle motivazioni contenuto nel provvedimento, al semplice riferimento della condizione di esame della consulenza riportandone sommariamente i risultati nel provvedimento giurisdizionale.
Le fasi dell’attività.
In relazione agli artt. 62 e 194 cod. proc. civ. il consulente esplica la propria attività attraverso diverse fasi che in sostanza sono identificabili in:
- partecipare alle udienze alle quali è chiamato;
- svolgere indagini che gli sono state commesse dal giudice, in presenza del giudice stesso;
- svolgere indagini che gli sono state commesse dal giudice, in assenza del giudice stesso;
- fornire al giudice i chiarimenti richiesti, in udienza o in camera di consiglio;
- domandare, se autorizzato dal giudice, chiarimenti alle parti;
- assumere, se autorizzato dal giudice, informazioni da terzi.
Art. 62 – Consulente tecnico: Il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede a norma degli articoli 194 e seguenti, e degli articoli 441 e 463. |
Art. 194 – Consulente tecnico: Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all’articolo 62, da sé solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi. Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze. |
Una particolare attenzione è da porsi al riconoscimento del ruolo di pubblico ufficiale che viene riconosciuto al Consulente tecnico di ufficio. Invero, agli effetti della legge penale, il CTU riveste la qualifica di pubblico ufficiale in quanto esercita una delle funzioni di cui all’art. 357 cod. pen. e precisamente una pubblica funzione giudiziaria. Si tratta, infatti, di persona che esercita temporaneamente, obbligatoriamente e non gratuitamente una funzione giudiziaria come ausiliare del giudice, la cui disciplina istituzionale è compresa nel titolo I, libro I, cod. proc. civ. “Degli organi giudiziari”.
Art. 357 cod. pen.- attività di polizia giudiziaria: 1. La polizia giudiziaria annota secondo le modalità ritenute idonee ai fini delle indagini, anche sommariamente, tutte le attività svolte, comprese quelle dirette alla individuazione delle fonti di prova. 2. Fermo quanto disposto in relazione a specifiche attività, redige verbale dei seguenti atti: a) denunce, querele e istanze presentate oralmente; b) sommarie informazioni rese e dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini; c) informazioni assunte, a norma dell’articolo 351 ; d) perquisizioni e sequestri; e) operazioni e accertamenti previsti dagli articoli 349, 353 e 354; f) atti, che descrivono fatti e situazioni, eventualmente compiuti sino a che il pubblico ministero non ha impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini. 3. Il verbale è redatto da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nelle forme e con le modalità previste dall’articolo 373. 4. La documentazione dell’attività di polizia giudiziaria è posta a disposizione del pubblico ministero. 5. A disposizione del pubblico ministero sono altresì poste le denunce, le istanze e le querele presentate per iscritto, i referti, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato. |
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