Parte 9 – Le operazioni peritali
Le operazioni peritali sono le attività con le quali il consulente svolge gli accertamenti e le iniziative fondamentali per la risposta ai quesiti posti dal magistrato. In funzione della natura e tipologia dell’incarico, le attività si suddividono in: operazioni presso lo studio del consulente nelle quali solitamente si operano studi, deduzioni e valutazioni con la presenza delle parti o dei loro rappresentanti (consulenti tecnici) e attività presso i luoghi di causa, uffici e Pubbliche amministrazioni. Queste ultime sono dirette ad acquisire tutti gli elementi di conoscenza e d’indagine indispensabili per il compimento dell’incarico.
Di seguito esaminiamo l’argomento nelle diverse incombenze legate all’inizio delle attività, all’accesso ai luoghi, alle ulteriori attività del CTU e alle operazioni con i consulenti tecnici di parte, rimandando al prossimo contributo l’esaurimento dell’importante argomento.
Le Sessioni.
La prima sessione di operazioni, che rappresenta il vero e proprio inizio delle operazioni del CTU, è senza dubbio l’attività del consulente più importante, almeno dal punto di vista rituale. La sessione deve essere comunicata nelle forme e con le modalità viste precedentemente, pena la possibile violazione del contraddittorio e diritto alla difesa.
È consigliabile non fissare la sessione di apertura presso i luoghi di accertamento o uffici, in particolare nelle procedure più complesse, in virtù del fatto che le incombenze legate all’inizio dell’incarico possono rendere necessario inquadrare e comprendere preliminarmente tutti gli aspetti d’interesse nella vicenda; in tal senso ricorre frequentemente la necessità anche di programmare e decidere – insieme ai consulenti delle parti – le attività da svolgere, le modalità e relative tempistiche.
Prima della sessione è opportuno che il consulente abbia dedicato il giusto tempo a esaminare la documentazione versata in atti di causa al fine, non solo di conoscere le assunzioni, le posizioni e i termini delle parti in causa, ma anche per delineare gli atti da compiere e le attività necessarie. Ciò ad evitare perdite di tempo in inutili discussioni con i legali, i consulenti di parte e, talvolta, con le parti stesse. Le iniziative preliminari, dunque, appaiono essenziali per decidere e stabilire le pratiche da svolgere preventivamente (come, per esempio, gli accessi presso gli uffici per il reperimento di documentazione) ed eventualmente verificare se sussistano o meno le necessità di promuovere istanze al giudice per chiarire parti del quesito, richiedere l’assistenza di un esperto o l’autorizzazione all’accesso ai luoghi di causa.
La sessione di apertura.
Nella sessione di apertura delle operazioni peritali il consulente deve avere cura di verificare le generalità dei presenti, dare lettura del quesito, esaminare atti e documenti versati nei fascicoli di causa, assumere decisioni riguardanti le modalità e la tempistica delle operazioni peritali successive e raccogliere eventuali istanze e osservazioni delle parti. La sessione d’inizio delle operazioni, pur non presentando una propria ritualità, dovrebbe quindi rispettare in linea di massima il seguente contenuto:
- verifica generalità dei presenti e regolare nomina dei consulenti tecnici di parte;
- lettura del quesito;
- esame atti e documenti e richieste del CTU;
- assunzione delle decisioni in merito alle modalità di prosecuzione delle attività peritali;
- eventuali richieste e osservazioni delle parti;
- conclusioni.
La verifica delle generalità dei presenti:
Prima di dare inizio alle attività spetta all’esperto verificare, anche a mezzo di controllo documentale, le generalità dei presenti al fine di non incorrere nel vizio di irregolare partecipazione di qualche soggetto.
La verifica della nomina regolare dei consulenti di parte:
Il CTU deve verificare che la nomina dei consulenti di parte sia avvenuta conformemente alla norma ovvero all’art. 201 cod. proc. civ.
Infatti – come già osservato – nel caso che la nomina sia irregolare potrebbero generarsi problematiche in ordine alla validità ed efficacia della consulenza. Il punto risulta centrale per l’attività del consulente e per questo occorre approfondirne tutti gli aspetti.
Le attività del consulente non sono attività di natura pubblica e la partecipazione è ristretta a coloro che sono promotori e convenuti dalla vicenda giudiziaria e ai soggetti nominati dalle parti a svolgere attività di difesa legale e tecnica. Le figure autorizzate a partecipare alle attività – conformemente all’art.194 cod. proc. civ. – sono quindi quelle delle parti, dei difensori e, ove nominati, dei consulenti tecnici.
Le parti sono quelle costituite in giudizio a norma di legge, ossia coloro che hanno sottoscritto la delega a margine degli atti giudiziari depositati nel fascicolo di causa. I difensori autorizzati a partecipare alle attività del consulente sono gli avvocati nominati dalle parti con atto di delega a margine degli atti di giudizio, che gli stessi debbono aver sottoscritto (atto di citazione, comparsa di costituzione).
Con riguardo ai consulenti tecnici, la partecipazione alle operazioni peritali è consentita solo a coloro che sono stati ritualmente nominati nelle forme fissate dall’art. 201 cod. proc. civ. Come visto, la nomina del CTP può essere effettuata in udienza di conferimento d’incarico al consulente ovvero nel termine successivo stabilito dal giudice con comunicazione depositata in cancelleria. In tutti gli altri casi la nomina si rivela irrituale e quindi viziata da irregolarità, potendosi quindi configurare – nei casi in cui la presenza del CTP irregolare abbia inciso in modo concreto sulla violazione del contraddittorio e diritto alla difesa dell’altra parte – quale valido motivo per l’annullamento della consulenza tecnica.1
1. La partecipazione alle operazioni peritali di un CTP irregolarmente nominato può comportare la nullità della relazione soltanto ove abbia determinato una violazione in concreto del diritto alla difesa dell’altra parte (Cass., Sez. Lav., sent. n. 9231 del 7 luglio 2001). |
È il caso del consulente tecnico di parte nominato irritualmente che, con la sua attività professionale, incida notevolmente sulle conclusioni della consulenza o anche, quando si tratta di accertamenti di natura specialistica, una parte faccia assistere il proprio consulente tecnico non propriamente competente nella materia da un esperto non regolarmente nominato. Qualora l’esperto del giudice riceva la nomina del consulente tecnico di parte a mezzo di semplice comunicazione (come accade di frequente, per non dire costantemente), senza l’allegazione dell’atto depositato in cancelleria (che deve riportare il timbro dell’ufficio giudiziario), è bene che a mezzo anche di una semplice telefonata richieda la copia di tale atto al difensore oppure, in assenza di ciò, ove sia ancora possibile nei tempi, faccia presente la necessità di dover formalizzare il conferimento coerentemente al disposto del Codice.
Con riguardo alle parti può accadere di trovarsi di fronte a situazioni ove il soggetto costituito in giudizio sia accompagnato da altro estraneo alla vicenda giudiziaria (ciò accade frequentemente nel caso di coniugi, parenti o soci). Pur non rispettando la previsione codicistica, è necessario distinguere, nella circostanza, il rilievo e la portata della presenza di detti soggetti. Laddove questa presenza non si concretizzi in interventi e in partecipazione attiva alle operazioni condotte dall’esperto, è di tutta evidenza che essa non configura alcun rilievo di irregolarità, che invece si avrebbe nel caso in cui la presenza fosse accompagnata da interventi e da attività diretta a incidere sulle operazioni in svolgimento.
La lettura del quesito:
Le attività devono essere aperte con la lettura del quesito o dei quesiti formulati dal giudice istruttore; questo non solo per un rispetto formale del mandato ricevuto, ma anche per facilitare ai presenti la comprensione delle finalità che determinano la natura portata e i limiti dell’incarico affidato al consulente. Non è sbagliato sul punto predisporre copie del verbale di udienza del conferimento d’incarico da consegnare ai presenti per consentire una più agevole cognizione del mandato affidato all’ausiliario.
L’esame degli atti, dei documenti e le eventuali richieste del CTU:
Il consulente proporrà un’analisi sintetica degli atti di causa preliminarmente da lui esaminati, con una successiva analisi documentale (mirata) alla presenza degli intervenuti; ciò al fine di far rilevare quali documenti sono in possesso dell’esperto ed, eventualmente, quali ulteriori sia necessario acquisire per la risposta ai quesiti.
Il punto dell’acquisizione documentale è un aspetto di primaria importanza nell’attività dell’esperto e per questo ne esamineremo i profili essenziali nelle pagine seguenti. Al termine dell’analisi documentale il consulente, ove necessario, avanzerà richieste ai presenti in ordine ad aspetti da chiarire, documentazione da produrre e/o integrare o a quanto altro necessario.
L’assunzione delle decisioni in merito alle modalità di prosecuzione delle attività peritali:
Assunte le decisioni relativamente all’aspetto documentale, il consulente deve indicare, e ove possibile concordare con i consulenti tecnici di parte, le modalità del proseguimento delle attività mediante le operazioni da compiere, gli accessi da svolgere anche con riferimento alla programmazione della relativa tempistica.
Le eventuali istanze e osservazioni delle parti:
Le parti, nei limiti loro imposti dall’art. 194 cod. proc. civ., possono proporre istanze e osservazioni al consulente. Tali richieste debbono essere pertinenti alle finalità del quesito e all’oggetto dell’incarico.
Le parti, in verità, frequentemente attendono l’inizio delle operazioni per poter formulare le loro richieste in ordine ad aspetti di loro particolare interesse, che magari il quesito non ha ricompreso. Si assiste a volte alle parti che chiedono al consulente di ufficio di svolgere quella indagine, acquisire quel dato o solamente rilevare quella specifica misura.
L’esperto deve essere, quindi, estremamente chiaro nel richiamare l’attenzione dei partecipanti sulla portata e natura degli accertamenti richiesti dal quesito e sul fatto che si limiterà a svolgere le sole attività necessarie a formulare la risposta.
Può essere utile precisare che, sin dall’inizio delle operazioni peritali, il consulente, una volta esaurite le attività di accertamento e ispezione, richiederà ai consulenti tecnici – qualora nominati – ovvero ai legali, una dettagliata ed esaustiva memoria di osservazioni su quanto oggetto di quesito al fine di poter comprendere nel dettaglio tutto ciò che questi intendano porre all’attenzione dell’esperto. La memoria è lo strumento con cui le parti concretizzano il proprio diritto alla difesa sancito nel processo e per questo può essere utile conferire successivo breve termine per le eventuali repliche o controdeduzioni.
Qualora nell’ambito delle operazioni sorgano questioni sui poteri conferiti al consulente tecnico di ufficio, sia tra questi e le parti sia tra le parti stesse, il consulente e le parti possono, a norma dell’art. 92 disp. att. cod. proc. civ. chiedere chiarimenti e determinazioni al giudice non dovendo per questo interrompere le attività.
L’omissione della comunicazione, con la forma del biglietto di cancelleria, della data e del luogo di inizio delle operazioni peritali così come prescritto – in mancanza della apposita dichiarazione inserita nel processo verbale d’udienza – dall’art. 90 disp. att. cod. proc. civ. non induce nullità della consulenza tecnica, qualora risulti che le parti siano state egualmente poste in grado di assistere all’indagine e di esplicare in essa le attività convenienti (Cass., Sez. Lavoro, sent. n. 5093, 5 aprile 2001). |
In tal senso – pur avendo chiaro il paradosso – potrebbe essere sufficiente una semplice telefonata o un messaggio sms quando le parti e i loro rappresentanti poi partecipino alle attività d’inizio lavori peritali.
Art. 92 disp. att. cod. proc. civ. – Se durante le indagini che il consulente compie da sé solo sorgono questioni sui suoi poteri o sui limiti dell’incarico conferitogli, il consulente deve informarne il giudice, salvo che la parte interessata vi provveda con ricorso. Il ricorso della parte non sospende le indagini del consulente. Il giudice, sentite le parti, dà i provvedimenti opportuni. |
Le conclusioni:
Il consulente, al termine delle attività, ricapitola le operazioni svolte al fine di conseguirne una sintesi chiara, chiudendo la sessione con la redazione e la compilazione del processo verbale delle operazioni (o sopralluogo, qualora le attività abbiano avuto svolgimento con l’accesso ai luoghi). Esamineremo nel prossimo contributo questo aspetto.
L’accesso ai luoghi.
Il consulente, nello svolgimento dell’incarico, deve poter accedere ai luoghi presso cui si debbono svolgere le ispezioni, gli accertamenti e le indagini di natura tecnica.
Anche in questa fase della consulenza tecnica di ufficio incombe la necessità di dare concreto rispetto agli istituti del contraddittorio e diritto alla difesa delle parti. Nella specie, si deve garantire alle parti, ovvero ai loro difensori e consulenti tecnici, la possibilità di assistere alle diverse attività al fine di poterne apprendere le informazioni utili, esercitare le funzioni di controllo e presentare le eventuali istanze e osservazioni.
Preliminarmente occorre rilevare che l’esperto – come il giudice nel processo di cognizione – non ha potere di accesso coatto in difetto di consenso dei titolari del bene oggetto di indagine. Tale precisazione appare essenziale poiché è capitato con una certa frequenza, a chi scrive, di registrare la diffusa convinzione nella comunità di tecnici che il consulente, in virtù della sua veste di ausiliario del giudice, abbia riconosciuto implicitamente nel proprio ruolo il potere di imporre l’accesso. Ciò – e il rilievo è essenziale – è inibito dall’art. 14 della Costituzione della Repubblica che sancisce l’inviolabilità del domicilio, vietando ispezioni, perquisizioni o sequestri se non nei casi previsti dalle legge.
In un profilo di sintesi vediamo le assunzioni nella diversa casistica pratica.
In caso di accesso impedito al CTU: in questa circostanza il consulente è impossibilitato a svolgere le proprie attività cosicché – con ogni evidenza – deve sospenderle dando atto nel processo verbale di sopralluogo della circostanza e presentando un’apposita istanza al giudice con la quale, spiegando l’accaduto, chiede che si assumano le opportune decisioni.
In caso di accesso impedito al consulente tecnico di parte: la circostanza si registra con una certa frequenza e dipende principalmente dalla situazione di estremo conflitto in cui lo sviluppo delle cause giudiziarie trascina i rapporti tra le parti.
Pur potendo il consulente – nella fattispecie – svolgere le proprie operazioni, in realtà non deve procedere poiché ciò determina la violazione del principio del contraddittorio e del diritto della difesa. Difatti l’estromettere il consulente di quella parte che aveva inteso, proprio con quella nomina, manifestare il proprio interesse a seguire le attività del consulente di ufficio, costituirebbe concreta infrazione dei suddetti istituti.
In caso di accesso impedito alla parte: il caso non si presenta spesso, ma soltanto perché in molti casi una parte in lite rinuncia, unilateralmente, a tentare di esercitare l’accesso alla proprietà della controparte. Laddove questo avvenisse vi sono due diverse ipotesi:
- la prima è rappresentata dal fatto che la parte non sia accompagnata, nella cirocostanza, dal legale e non abbia nominato il consulente tecnico. Risulta evidente che non consentire a questa parte di partecipare alle attività da svolgersi nella proprietà della controparte equivale a comprometterne il principio del contraddittorio e diritto di difesa;
- la seconda è, invece, rappresentata dal caso in cui la parte sia assistita dal proprio consulente tecnico ritualmente nominato. L’estromissione della parte dagli accertamenti tecnici non costituisce alcuna violazione al contraddittorio e diritto alla difesa, ben potendo questa svolgere qualsiasi attività con la partecipazione del consulente tecnico. Stesso discorso vale se invece del consulente tecnico è presente il difensore. Sul punto vi è tuttavia da osservare che se la presenza della parte non si esaurisce meramente nella presenza di un soggetto in causa ma anche in quello di uno specialista esperto, associandosi quindi anche nella figura del consulente tecnico di parte (casi analoghi sono accaduti ove la parte in causa era esperta nella materia della controversia potendosi quindi rappresentare in proprio) il consulente di ufficio non può restare inerte davanti al rifiuto di far accedere costui alla proprietà della parte avversa; invero anche in questo caso deve necessariamente interrompere le operazioni agendo come già detto con una istanza rivolta al giudice.
In tutte questi ipotesi è necessario presentare apposita istanza al giudice per l’assunzione delle decisioni del caso. Il giudice può convocare le parti in udienza per chiedere spiegazione della condotta della parte e ammonirla sulle relative responsabilità, ovvero, se possibile, ordinare all’esperto di svolgere le proprie attività dall’esterno della proprietà rimettendo a una valutazione documentale il resto degli accertamenti. In questa ultima ipotesi, come in quella che il consulente non possa svolgere alcuna attività, il giudice ricorrerà allo strumento a lui offerto dall’art. 116 cod. proc. civ.
Art. 116 cod. proc. civ. – Valutazioni delle prove: Il giudice deve valutare le prove secondo il prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti. Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell’articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire ispezioni che egli ha ordinato e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo. |
Questo permette di valutare il comportamento processuale delle parti come risultanze giurisdizionali già acquisite. Pertanto il rifiuto di far esercitare all’ausiliario del giudice le attività, mediante l’impedimento dell’accesso ai luoghi, si configura come un comportamento di mancata volontà a consentire gli accertamenti dal giudice ordinati, rafforzando nello stesso, la convinzione tratta da eventuali ulteriori altri elementi acquisiti nel processo. Nella maggior parte dei casi, quindi, il giudice assumerà, in carenza di dati forniti dal consulente, quanto sostenuto dalla controparte, delineando perciò la situazione processuale peggiore per colui che si rende responsabile di tale condotta.
Ulteriori operazioni.
Il consulente oltre alle citate attività di apertura delle operazioni e a quelle di accesso ai luoghi svolge solitamente altre incombenze. Sono quelle di accesso agli uffici delle Pubbliche amministrazioni, di enti locali o uffici privati per l’acquisizione di tutta la documentazione che si rende necessario acquisire per la risposta ai quesiti.
È ricorrente la domanda avente a oggetto se sussista l’obbligo, per il consulente, al fine di rispettare il contraddittorio e il diritto alla difesa delle parti, di comunicare ogni attività alle parti. Sul punto è necessario valutare il tipo di attività da svolgersi, distinguendo quella di natura istruttoria da quella di natura accessoria.
La prima riguarda operazioni di natura sostanziale per gli accertamenti demandati al consulente e che è necessario comunicare alle parti. È questo il caso di accertamenti presso gli archivi dell’amministrazione comunale per la consultazione dei progetti in un incarico avente a oggetto la verifica della conformità edilizio-urbanistica di una costruzione.
Le seconde sono invece attività collaterali che non incidono sulle determinazioni alla cui base è posto l’incarico. Esempio di queste attività sono il ritiro di copie e atti dagli uffici.
La figura del consulente tecnico di parte (CTP).
Il consulente tecnico di ufficio deve garantire alle parti la possibilità d’intervento nel corso della propria attività. Per questo, generalmente le parti si affidano a propri consulenti tecnici che vengono nominati all’uopo.
Il consulente tecnico di parte (CTP) svolge, nell’ambito della consulenza tecnica di ufficio affidata all’esperto del giudice, un compito che lo assimila a quello del legale, avendo la funzione di assistere la parte che lo ha nominato con le proprie competenze e cognizioni tecniche. Mentre l’avvocato può definirsi un difensore giurista, il CTP può identificarsi come un difensore tecnico. Dal punto di vista rituale, al consulente tecnico di parte sono riservate le attività di:
- partecipazioni alle udienze quando vi partecipi il CTU;
- partecipazioni alla camera di consiglio qualora vi partecipi il CTU;
- assistenza alle operazioni peritali condotte dal CTU;
- possibilità di presentare osservazioni e istanze nel corso delle attività peritali.
Dal punto di vista meramente pratico le attività del tecnico di parte spesso si riducono alla sola partecipazione alle operazioni peritali ove, nel concreto, egli esprime la volontà della parte di vedere riconosciuti gli istituti del contraddittorio e diritto alla difesa. Nel corso delle attività, il consulente tecnico di ufficio è tenuto, a norma dei citati istituti, svolgere le proprie attività con la presenza dei consulenti tecnici delle parti ovvero delle parti e/o dei legali, ove i consulenti non siano nominati.
Pertanto deve:
- garantire la partecipazione diretta nel corso delle attività da lui compiute o da un proprio esperto ovvero deve comunicare, nelle forme rituali, le iniziative intraprese affinché i consulenti di parte possano partecipare direttamente. Ciò anche quando, per la conduzione di accertamenti specialistici, il consulente del giudice si avvalga dell’opera di uno specialista esperto nel settore. Naturalmente le operazioni alle quali i consulenti sono invitati saranno quelle di natura istruttoria ovvero quelle dove vi sono da assumere notizie o svolgere accertamenti di rilievo per l’opera del consulente mentre possono essere delegate al solo consulente quelle di natura accessoria;
- informare i consulenti di parte di ogni iniziativa intrapresa o che si intenda intraprendere connessa ai quesiti. Ciò anche per raccogliere eventuali suggerimenti o idee che possano soddisfare opzioni alternative (tentativo e conciliazione);
- consentire la possibilità di osservare e produrre istanze in relazione all’attività in svolgimento o in indirizzo a quelle programmate come pure istanze concernenti le questioni oggetto d’indagine peritale. Ciò non significa esporsi alle pressioni delle parti ma garantire a queste, mediante l’attività dei propri consulenti di parte, la possibilità d’intervenire in modo propositivo per la maggior completezza delle indagini peritali;
- consegnare ai consulenti di parte copia di tutti i documenti acquisiti nel corso delle attività ovvero quelli prodotti dalle parti, affinché abbiano la possibilità di sviluppare la propria attività sulla medesima documentazione in possesso dell’esperto del giudice;
- trasmettere, come al legale della parte, nel termine stabilito dal G.I. copia della propria relazione ai sensi dell’art.195 cod. proc. civ. – come riformato dalla legge 69/2009 – per consentire la produzione di memorie di osservazioni.
Solo con una simile condotta il consulente di ufficio è in grado di garantire l’assolvimento delle regole processuali poste a tutela del diritto alla difesa determinando, altresì, le condizioni per portare a termine nel miglior modo l’incarico, prevenendo inoltre la possibile chiamata a chiarimenti della parte.
Nel Kit Formulario CTU – CTP si mette a disposizione “moduli prestampati” per istanze, comunicazioni, verbali, bozza relazione tecnica, etc.:
Kit Formulario CTU – CTP contiene: Linee guida per CTU; Linee guida per trattamento dati personali per CTU e CTP; Nullità della relazione; Tariffe per Periti e CTU – D.M. 30 Maggio 2002; Moduli Prestampati. |
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