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11° parte – Novellato per CTU

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    Riforma processo civile novellato per CTU

    11° parte – Novellato per CTU

    By Fabrizio Fava | Area Tecnica, Tecnica Forense | 0 comment | 14 Aprile, 2015 | 0

    Parte 11 – Riforma del processo civile: novellato per il CTU

    Il 4 luglio è entrata in vigore la riforma del processo civile, recepita con la legge 69 del 18 giugno 2009. In generale, le novità più significative sono quelle dell’aumento delle competenze dei giudici di pace, dei limiti al ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, della introduzione della testimonianza nella forma scritta, del calendario del processo stabilito dal giudice, del rafforzamento del principio del contraddittorio e del rilancio della conciliazione. Per quanto attiene al consulente, la modifica più rilevante è senza dubbio quella concernente lo svolgimento della consulenza tecnica di ufficio che di fatto introduce un vero e proprio “nuovo regime”. In una lettura più profonda del quadro riformato attinente al consulente, emerge ancora più chiaramente come le disposizioni richiedano alla figura del CTU una professionalità, preparazione e qualificazione compiute e puntuali.

    Il Novellato.
    Con la legge 69 del 18 giugno 2009 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, pubblicata nella G.U. 49 del 19 giugno 2009, il 4 luglio 2009 è entrata in vigore la riforma del processo civile.

    Molte le novità che segnano l’intervento del legislatore. Tuttavia – come peraltro le precedenti azioni di modifica succedutesi negli scorsi anni – l’opera della riforma non poteva non fare i conti con le sofferenze endemiche del sistema giurisdizionale italiano, ossia l’enorme carico giudiziario e l’eccessiva durata dei procedimenti. Cosicché l’intero quadro d’intervento è stato ispirato dalla precipua finalità di deflazionare il carico processuale oramai giunto a livelli inaccettabili per un Paese avanzato e favorire una semplificazione dei processi e un contenimento dei loro tempi. Nella riforma 2009 vengono aumentate le competenze dei giudici di pace, si pongono nuovi e più stringenti limiti al ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, si innova l’intervento del testimone nel processo ammettendo la forma scritta, viene riconosciuto al giudice il potere di stabilire un calendario del processo, si aumenta e rafforza il principio del contraddittorio e, finalmente, si rilancia in modo strutturato – fino a ora limitata nell’alveo della procedura dell’art. 696- bis, cod. proc. civ. – la conciliazione, che dovrà trovare esplicazione in uno o più decreti attuativi da parte del Governo.

    Pur in presenza di un quadro ampio di novità, nelle finalità di questa rubrica, l’analisi delle novelle introdotte dalla riforma si limita alle competenze e attività del CTU mentre, per quanto attiene all’introduzione dell’istituto della mediazione e conciliazione, attesa all’importanza dell’argomento, rimandiamo a un separato contributo che sarà pubblicato nei prossimi numeri. Passiamo, quindi, in rassegna le novità per il consulente tecnico di ufficio.

    Vigilanza sugli incarichi.
    La novità, introdotta dall’art. 52, comma 1, della legge 69/2009, pone all’evidenza l’interesse del riformatore nell’ampliare il ricorso a un maggiore numero di professionisti per l’attribuzione degli incarichi di consulenza. Tale necessità, peraltro già manifestata nel recente passato da alcune direttive emanate dal Ministero della giustizia, è volta a sfavorire talune forme di privilegio messe in atto da professionisti meglio inseriti nell’ambiente forense tali da far divenire gli incarichi giudiziari ad appannaggio di un nucleo ristretto di soggetti.

    Tale condizione, senza dubbio da cogliere con favore, non dovrebbe però – a parere dello scrivente – far sfuggire una riflessione meno emotiva e più approfondita sulle ragioni che legano taluni giudici ad assumere una condotta volta a limitare la scelta per l’affidamento degli incarichi.

    Art. 23, disp. att. cod. proc. civ. – Vigilanza sulla distribuzione degli incarichi: Il presidente del tribunale vigila affinché, senza danno per l’amministrazione della giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti tra gli iscritti nell’albo in modo che a nessuno dei consulenti iscritti possano essere conferiti incarichi in misura superiore al 10% di quelli affidati dall’ufficio, e garantisce che sia assicurata l’adeguata trasparenza del conferimento degli incarichi anche a mezzo di strumenti informatici.

    Invero, il ricorso ripetuto a un gruppo ristretto di consulenti, da taluni interpretato come comportamento poco trasparente del magistrato, frequentemente, trova ragione in principi di affidabilità e professionalità che, purtroppo è da riconoscere, non tutti i tecnici iscritti negli albi, di specchiata condotta morale e dotati di speciale competenza tecnica, per riprendere qui i requisiti necessari all’ottenimento dell’iscrizione all’albo, garantiscono.

    Come più volte si è ricordato nelle pagine di questa rubrica, non è affatto scontato che un buon tecnico rappresenti un buon CTU. Difatti, questa particolare forma di attività non ha mai trovato un suo vero riconoscimento professionale (non esistono percorsi formativi riconosciuti, si pensi per esempio a quanto accade per il medico legale) e troppo spesso viene vissuta come incidentale e complementare alla ben più remunerativa attività professionale. Cosicché ci si imbatte frequentemente in consulenti che non hanno alcuna cognizione delle regole del processo, non conoscendo il valore del principio del contraddittorio né le forme previste per la produzione di documenti nel processo o ancora i limiti nelle proprie attività, come quelle, per citare un esempio, del potere di limitare la presenza a soggetti estranei o quelle di quali modalità esercitare per l’accesso alle proprietà oggetto d’indagine. Tutti aspetti essenziali per la validità del lavoro peritale che, ben sappiamo, oggi è centrale per gli esiti del processo.

    In tal senso sarebbe auspicabile una seria presa di coscienza delle categorie professionali volta a professionalizzare e qualificare la figura del consulente tecnico di ufficio e ausiliario giudiziario e quello della magistratura che, al di là delle giuste e ragionevoli disposizioni per favorire il ricorso al maggior numero di soggetti, possa anche consentire una valutazione sulla loro effettiva idoneità allo svolgimento di tali delicati compiti.

    La novella dell’art. 23 disp. att. cod. proc. civ., inoltre, introduce la necessità di conferire trasparenza alle nomine “anche a mezzo di strumenti informatici”. La modalità dell’attuazione di tale novella è da ipotizzarsi – alla stregua di altre prassi ormai da qualche tempo in uso in enti e amministrazioni dello Stato, introdotte da precisi indirizzi normativi volti a conferire trasparenza nelle attribuzioni d’incarico – con la pubblicazione degli incarichi ricevuti da ciascun consulente a mezzo di sezione dedicata in siti Internet dell’amministrazione della giustizia.

    Nomina del consulente.
    Il comma 191 cod. proc. civ. è stato sostituito (così come riportato nel riquadro) dall’art. 46, comma 4, della legge 69/2009.

    La novità, senza dubbio rilevante, di fatto anticipa già nell’ordinanza di nomina la formulazione dei quesiti. Il consulente pertanto, all’atto della notifica del provvedimento, non solo potrà assumere cognizione di essere stato prescelto dal magistrato ma anche quali sono le finalità e le richieste poste a fondamento dell’incarico che andrà ad assumere.

    La disposizione è volta a favorire un più rapido svolgimento della udienza di affidamento dell’incarico e a evitare le frequenti contrapposizioni a cui si assisteva tra i difensori all’atto dell’assegnazione del quesito all’esperto. Ciò tuttavia – è da rilevare – non toglie la possibilità, sia per le parti sia per il consulente, di interloquire con il giudice qualora la richiesta non colga in pieno le finalità alla cui base vi è il ricorso all’opera del consulente ovvero ove questa non sia caratterizzata dalla necessaria concretezza per produrre un risultato convincente ed esaustivo. Infatti il quesito, che rappresenta lo strumento dell’intero svolgimento del mandato del consulente, è quello che ne determina le finalità e i limiti delle attività. Più il quesito sarà generico, omnicomprensivo, poco chiaro e adeguatamente dettagliato, tanto maggiore sarà la possibilità, nel corso dell’attività, dell’insorgere di contrasti, dispute, pressioni delle parti, dei legali e dei consulenti tecnici. Per questo appare essenziale che l’esperto faccia rilevare puntualmente eventuali difformità o carenze, ricordando, ove occorra, che a quel quesito egli dovrà rispondere mediante motivazioni chiare, oggettive e, possibilmente, incontrovertibili.

    Per la verità è da rilevare che la novella introdotta dalla riforma era già stata anticipata dalla prassi in uso in molti tribunali ove i giudici ricorrevano all’ordinanza con la formulazione anticipatoria dei quesiti per la nomina del consulente.

    Art. 191, cod. proc. civ. – Nomina del consulente tecnico: Nei casi previsti dagli artt. 61 e seguenti il giudice istruttore, con ordinanza ai sensi dell’art. 183, comma 7, o con altra successiva ordinanza, nomina un consulente (22 ss, 89 att.), formula i quesiti e fissa l’udienza nella quale il consulente deve comparire. Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge espressamente lo dispone.

     

    Relazione peritale.
    Per quanto concerne il consulente, la novità più importante tra quelle introdotte dalla riforma del processo è senza dubbio quella contenuta nell’art. 46, comma 5, della legge 69/2009, che ha sostituito l’art. 195 cod. proc. civ. Essa costituisce un vero e proprio “nuovo regime” dello svolgimento della consulenza tecnica di ufficio, introducendo formalmente il potere per le parti di produrre osservazioni alla relazione peritale prima che questa sia depositata in cancelleria dal consulente. Con le nuove modalità lo svolgimento della consulenza si articola in queste fasi:

    1. la relazione (diremmo in “bozza” ma completa in tutte le sue parti), nel termine disposto dal giudice nella ordinanza in esito all’udienza di affidamento dell’incarico, viene inviata alle parti (da intendersi i legali che rappresentano le parti e presso i quali le stesse hanno eletto domicilio);

    2. le parti (evidentemente a mezzo del consulente e, ove non nominato, del difensore), nell’ulteriore termine fissato dal giudice nella citata ordinanza, trasmettono al consulente le proprie osservazioni sulla relazione peritale. Per il principio del contraddittorio è bene ricordare che le dette osservazioni debbono essere scambiate tra i difensori delle parti;

    3. nell’ulteriore termine assegnato dal giudice, il consulente completa la propria relazione tenendo conto, quindi accogliendole o respingendole motivatamente, delle deduzioni proposte dalle parti. La relazione peritale deve essere poi depositata in cancelleria con allegate le osservazioni delle parti.

    Art. 195 cod. proc. civ. – Processo verbale e relazione: Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono compiute con l’intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta. Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti. La relazione deve essere depositata in cancelleria nel termine che il giudice fissa. La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all’udienza di cui all’art. 193. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse.

    La novella è significativa e coglie indubbiamente alcuni importanti risultati, in primo luogo – su tutti – il contenimento dei tempi della consulenza.

    Invero, chi ha esperienza di tali procedure non potrà non convenire con questo autore che oramai il ricorso ai cosiddetti chiarimenti era divenuto passaggio quasi inevitabile. La portata era tale quasi da far ipotizzare che i consulenti non fossero più in grado di saper svolgere il proprio operato con piena cognizione. Molto spesso, invece, tali richieste erano semplicemente ispirate dalla necessità di introdurre ulteriori elementi d’indagine (cosicché da far assumere alla nuova opera del consulente la definizione di supplemento) o, peggio, da finalità di mera strategia processuale con chiare volontà dilatorie.

    In ogni caso dette azioni provocavano un allungamento smisurato dei tempi della consulenza senza di fatto produrre alcun risultato concreto se non di fronte a errori materiali dell’esperto. Ciò perché tale fase poneva le parti e il consulente in una dialettica tra “sordi” dove ciascuno finiva per giustificare all’infinito il proprio operato.

    In secondo luogo la connotazione d’importanza della novella è quella della concreta valenza che possono assumere le osservazioni delle parti. Difatti – nelle diverse monografie sinora pubblicate in questa rubrica – è stato più volte ricordato come sia senz’altro più efficace e concreto per la parte far considerare al consulente le proprie assunzioni e motivazioni nel momento in cui questi non ha definitivamente concluso la propria opera, consentendo in tal modo all’esperto giudiziario una più semplice mutazione del proprio orientamento tecnico di fronte a osservazioni serie e motivate.

    In tale senso – e la norma introduce, a parere di chi scrive, con ancor più evidenza tali essenziali concetti – si responsabilizza il ruolo del tecnico di parte e quello del CTU. Il primo, infatti, deve saper svolgere efficacemente il proprio mandato nell’ottica di condurre le risultanze del lavoro peritale a favore del proprio assistito ma caratterizzando la propria opera di valenza tecnica o, per dirla più comprensibilmente, “come manifestazione tecnica e non di volontà”. Troppo spesso assistiamo a tecnici di parte che, nella carenza di elementi oggettivi, tentano di condurre il proprio operato attraverso forme persuasive che poco hanno a che vedere con le cognizioni tecniche.

    Per quanto riguarda invece il consulente di ufficio, la responsabilità attiene alla capacità (che per il consulente, si noti, è una qualità irrinunciabile) di potere anche assumere decisioni in modo difforme rispetto alle conclusioni parziali che hanno caratterizzato la “bozza” della relazione peritale inviata alle parti. Con questo indirizzo e con la possibilità di mitigare gli effetti psicologici negativi di un possibile “cambiamento di rotta” del CTU, non appare fuori luogo, quando ne ricorrano i motivi, che il consulente possa chiedere ai consulenti tecnici di parte una memoria anticipatoria rispetto a quella stabilita dalla norma riformata, cosicché da avere una loro prospettazione tecnica prima della redazione della “bozza” di relazione peritale da inviare loro. In tal senso la mutazione di prospettiva tecnica non è da rilevare come incapacità o come debolezza ma al contrario come qualità professionale sulla quale il magistrato conta per giungere al risultato corretto e veritiero.

    In conclusione, per quanto attiene al regime transitorio è da evidenziare come la nuova disciplina sulla giurisdizione, sulla competenza e sui riti è applicabile esclusivamente ai giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della legge, ossia il 4 luglio 2009.


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    Fabrizio Fava

    Fabrizio Fava, oltre ad essere stilista designer del fashion system con specializzazione nella costruzione del Brand – Marchio, creazione e gestione dell’immagine aziendale e del prodotto, possiede una conoscenza trasversale e polivalente nella costruzione del prodotto moda. Vanta del riconoscimento di tecnico esperto dall’Ente Camerale di Macerata e con equivalenza dal Tribunale dove è iscritto come CTU e dalla Procura della Repubblica di Macerata come Perito. In ambito giudiziario apporta la propria consulenza tecnica legale per le categorie Tessili e Filiere, Abbigliamento in genere, Maglieria, Calzature, Pelletterie, Accessori Moda, Attività di Comunicazione Pubblicitaria e Proprietà Industriale (contraffazioni). Detiene la carica di "Responsabile della Delegazione della Provincia di Macerata” e di “Consigliere Nazionale" per il Collegio dei Periti Italiani. Dal 2021 è direttore tecnico della rivista Tech Art Shoes, della casa editrice Tecniche Nuove Spa di Milano.

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