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4° parte – Albo CTU e Responsabilità

    Home Area Tecnica 4° parte – Albo CTU e Responsabilità
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    Udienza di conferimento d’incarico e giuramento del CTU

    4° parte – Albo CTU e Responsabilità

    By Fabrizio Fava | Area Tecnica, Tecnica Forense | 0 comment | 14 Aprile, 2015 | 0

    Parte 4 – L’albo dei Consulenti Tecnici di Ufficio (CTU) e loro responsabilità

    I consulenti tecnici di ufficio, per lo svolgimento degli incarichi, vengono scelti normalmente tra quelli iscritti negli appositi albi conservati presso ogni tribunale e rispondono a precise responsabilità. L’albo, regolamentato dalle disposizioni attuative del codice di procedura civile, è tenuto dal presidente del tribunale ed è costituito da un comitato presieduto dal medesimo e formato dal procuratore della Repubblica e da delegati degli ordini e collegi professionali. Analizziamo la norma concernente l’albo dei consulenti nonché i profili di responsabilità disciplinare, penale e civile a cui sono assoggettati gli ausiliari giudiziari nelle diverse fattispecie e casistiche.

    L’albo degli esperti e relative disposizioni.
    L’art.13 disp. att. cod. proc. civ. stabilisce che presso ogni tribunale è istituito un albo dei consulenti tecnici.

    Art. 13 – Albo dei consulenti tecnici: Presso ogni tribunale è istituito un albo dei consulenti tecnici.
    L’albo è diviso in categorie. Debbono essere sempre comprese nell’albo le categorie: 1. medico-chirurgica; 2. industriale; 3. commerciale; 4. agricola; 5. bancaria; 6. assicurativa.

    L’art. 14 disp. att. cod. proc. civ. statuisce che l’albo è tenuto dal presidente del tribunale ed è istituito da un comitato presieduto dal medesimo e formato dal procuratore della Repubblica e da un professionista, iscritto nell’albo professionale nominato dal consiglio dell’ordine o dal collegio della categoria a cui appartiene il richiedente l’iscrizione all’albo.

    Art. 14 – Formazione dell’albo dei consulenti tecnici: L’albo è tenuto dal presidente del tribunale ed è formato da un comitato da lui presieduto e composto dal procuratore della Repubblica e da un professionista iscritto nell’albo professionale, designato dal consiglio dell’ordine, o dal collegio della categoria, cui appartiene il richiedente l’iscrizione nell’albo dei consulenti tecnici.
    Il consiglio predetto ha facoltà di designare, quando lo ritenga opportuno, un professionista iscritto nell’albo di altro ordine o collegio, previa comunicazione al consiglio che tiene l’albo a cui appartiene il professionista stesso.
    Quando trattasi di domande presentate da periti estimatori, la designazione è fatta dalla camera di commercio, industria e agricoltura.
    Le funzioni di segretario del comitato sono esercitate dal cancelliere del tribunale.

    Il comitato, come riconosciuto dalla Suprema Corte di Cassazione, pur operando in ambito giurisdizionale, ha funzioni meramente amministrative (i comitati previsti dagli artt. 14 e 15 disp. att. cod. proc. civ. hanno natura di organi amministrativi e non giurisdizionali e, pertanto, avverso le loro deliberazioni non è proponibile il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. – Cass., Sez. Unite, sent. n. 460 del 21 maggio 1998).

    È consentito ottenere l’iscrizione all’albo a tutti coloro che posseggono competenza tecnica in particolari materie, hanno una specchiata condotta morale e risultano iscritti nei rispettivi ordini e collegi professionali.

    Art. 15 – Iscrizione nell’albo dei consulenti tecnici: Possono ottenere l’iscrizione nell’albo coloro che sono forniti di speciale competenza tecnica in una determinata materia, sono di condotta morale specchiata e sono iscritti nelle rispettive associazioni professionali.
    Nessuno può essere iscritto in più di un albo.
    Sulle domande di iscrizione decide il comitato indicato nell’articolo precedente.
    Contro il provvedimento del comitato è ammesso reclamo, entro quindici giorni dalla notificazione, al comitato previsto nell’articolo.

    Sui requisiti sanciti dalla norma è possibile individuare la volontà di riconoscere al consulente un ruolo di non secondaria importanza.

    In ordine alla competenza tecnica, da considerarsi “speciale”, deve non solo trovare spiegazione dal titolo di studio acquisito, dall’appartenenza a una categoria professionale o ancora dallo svolgimento di un’attività professionale, ma soprattutto dall’acquisizione di titoli, di specializzazione specifiche, da percorsi di formazione particolari, dall’aver svolto pubblicazioni o attività di insegnamento. È, nella sostanza, non sufficiente all’autorità giurisdizionale dimostrare il “poter fare” ma occorre esprimere il “saper fare”, in quel determinato settore.

    Relativamente alla condotta morale, il riferimento della norma è da leggersi come generale condotta morale e quindi, in concreto, formano condizioni limitanti non solo i casi di condanne penali e civili, ma anche l’irrogazione di sanzioni disciplinari e amministrative per fatti non inerenti l’incarico di CTU, ma che possono incidere sull’esercizio della professione o che comunque denotano, in chi le ha subite, spregio della legalità o mancanza di senso civico. È da precisare in ogni caso che è precipuo compito del comitato, in ordine all’esito della domanda, valutare la situazione particolare in relazione alle singole circostanze.

    L’iscrizione nell’ordine professionale vale per quelle categorie professionali organizzate in ordini e collegi (architetti, ingegneri, commercialisti, geometri, periti industriali ecc.) non potendosi richiedere a coloro che non sono dotati di ordini e albi professionali evidentemente di farne parte.

    Nella specie, gli esperti vari debbono essere iscritti negli appositi elenchi conservati presso la camera di commercio, industria, agricoltura e artigianato della provincia nella quale ricade la circoscrizione giudiziaria. In ogni caso, il soggetto qualificato in una materia ha diritto a essere iscritto all’albo dei consulenti tecnici (per esempio: grafologi, antiquari ecc.)

    Al consulente non è consentito essere iscritto a più di un albo; ne consegue che nell’ipotesi di un professionista residente in una circoscrizione giudiziaria con studio professionale in altra, questi deve operare una scelta in riferimento all’albo in cui iscriversi, non potendosi iscrivere all’albo di entrambi i tribunali.

    Per richiedere l’iscrizione è necessario presentare domanda al presidente del tribunale corredata da alcuni documenti che, a titolo esemplificativo, sono:

    • estratto dell’atto di nascita;
    • certificato generale del casellario giudiziario;
    • certificato di residenza;
    • certificato di iscrizione all’ordine;
    • titoli e/o documenti che il richiedente intende esibire per dimostrare la sua competenza nella materia.

    Alcuni di questi, tuttavia, sono stati superati dalla normativa in materia di autocertificazione (D.P.R. 445 del 28 dicembre 2000, “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”) anche se alcune cancellerie ne continuano a richiedere la produzione.

    L’art. 18 disp. att. cod. proc. civ. stabilisce che l’albo è permanente. Alla sua revisione si provvede ogni 4 anni in funzione di cancellare i soggetti che abbiano perduto i requisiti previsti dalla norma o per inserire i nuovi iscritti, anche se la pratica esperienza ci indica come tale arco temporale sia nella generalità pressoché inattuato.

    Art. 18 – Revisione dell’Albo dei consulenti tecnici: L’albo è permanente. Ogni quattro anni il comitato di cui all’articolo deve provvedere alla revisione dell’albo per eliminare i consulenti per i quali è venuto meno alcuno dei requisiti previsti nell’articolo o è sorto un impedimento a esercitare l’ufficio.

     

    Le responsabilità.
    Sui consulenti tecnici e periti nell’adempimento delle proprie funzioni incombono tre fattispecie di responsabilità: la responsabilità disciplinare, la responsabilità penale e la responsabilità civile.

    La responsabilità disciplinare
    L’attività dei consulenti tecnici e periti è soggetta alla vigilanza esercitata dal presidente del tribunale sui seguenti aspetti:

    • non aver tenuto una “condotta morale specchiata”;
    • non aver ottemperato agli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti.

    Nella prima fattispecie, come già accennato, rientrano i casi di condanne penali, civili nonché l’irrogazione di sanzioni disciplinari e amministrative per fatti non inerenti l’incarico di CTU, ma che possono incidere sull’esercizio della professione o che comunque denotano in chi le ha subite spregio della legalità o mancanza di senso civico.

    La seconda fattispecie riguarda, invece, la condotta del consulente successiva all’incarico conferito dal giudice, come per esempio:

    • rifiuto ingiustificato di prestare il proprio ufficio;
    • mancata comparizione all’udienza per il giuramento senza giustificato motivo;
    • mancato deposito della relazione nel termine assegnato, senza giustificato motivo;
    • mancato avviso alle parti dell’inizio delle operazioni peritali, aggravato dalla necessità del rinnovo della consulenza;
    • negligenza o imperizia nell’espletamento dell’incarico.

    La parte o il giudice della causa possono presentare istanza motivata al presidente del tribunale; lo stesso d’ufficio, o su istanza del procuratore della Repubblica o del presidente dell’ordine professionale di appartenenza, può promuovere procedimento disciplinare per il quale è competente la stessa commissione formante gli albi.

    Art. 19 –Disciplina dei consulenti tecnici: La vigilanza sui consulenti tecnici è esercitata dal presidente del tribunale, il quale d’ufficio o su istanza del procuratore della Repubblica o del presidente dell’associazione professionale può promuovere procedimento disciplinare contro i consulenti che non hanno tenuto una condotta morale specchiata o non hanno ottemperato agli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti.

    Le sanzioni disciplinari (art. 20) che possono essere comminate ai consulenti si distinguono in:

    • avvertimento;
    • sospensione dall’albo per un tempo non superiore a un anno;
    • cancellazione dall’albo.

    Prima di promuovere il procedimento disciplinare (art. 21) a carico del consulente, il presidente del tribunale comunica formalmente al medesimo ausiliario quanto contestato per riceverne relazione scritta e, nel caso che questa non risolva la questione, procede alla convocazione del soggetto dinnanzi al comitato disciplinare, fase alla quale segue la decisione. Avverso al provvedimento può essere proposto reclamo entro 15 giorni dalla notifica, ricorso sul quale decide una commissione della Corte di appello nel cui distretto ha sede il comitato, composta dal procuratore generale della Repubblica presso la Corte medesima, dal presidente dell’ordine forense e dal presidente dell’ordine professionale a cui l’interessato appartiene.

    La responsabilità penale
    I profili di responsabilità penale del CTU sono regolati dagli artt. 64 cod. proc. civ., 314 e segg., 366, 373 e segg. cod. pen.

    L’esperto, in quanto ausiliario del giudice, riveste la qualifica di pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 357 cod. pen.

    Al CTU si applicano le fattispecie di reato collegate a questa peculiare qualifica (per esempio: peculato, concussione, corruzione, abuso d’ufficio) e la fattispecie criminosa che viene considerata in questi casi è quella prevista dall’art. 366 cod. pen. (rifiuto di uffici legalmente dovuti), specificamente riferita agli ausiliari del giudice. Una pratica esemplificazione, riportata nel riquadro 1, può rendere più chiare le fattispecie a cui ci si riferisce.

    Riquadro 1 – Fattispecie di reato: 

    1. Il CTU che non si presenta all’udienza per assumere l’incarico e prestare il giuramento di rito oppure che fornisce false giustificazioni per essere sostituito – rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366 cod. pen.): reclusione fino a 6 mesi oppure multa da 30,00 a 516,00 euro. La condanna importa l’interdizione dall’esercizio della professione (da 1 mese a 5 anni ex art. 30 cod. pen.).
    2. Il CTU che ritarda il deposito della relazione pur reiteratamente sollecitato dalla cancelleria, senza addurre alcuna valida giustificazione; oppure, più in generale, si rifiuta di adempiere all’incarico assunto o di compiere qualcuno degli atti inerenti al suo ufficio senza giustificato motivo – omissione di atti d’ufficio (art. 328 cod. pen.): reclusione fino a 1 anno o multa fino a 1.032,00 euro.
    3. Il CTU che fornisce un parere falso o afferma l’esistenza di fatti non veri – falsa perizia (art. 373 cod. pen.) cosiddetto reato di evento (sussiste solo se la falsità ha determinato una condanna nei confronti della parte che subisce la falsità) e occorre poi la consapevolezza del falso da parte del CTU ovvero i cosiddetti delitti dolosi: reclusione da 2 a 6 anni. La condanna comporta l’interdizione dall’esercizio della professione (da 1 mese a 5 anni ex art. 30 cod. pen.).
    4. Il CTU che modifica artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose su cui si deve svolgere la consulenza – frode processuale (art. 374 cod. pen.) il cosiddetto reato di mero pericolo (sussiste ancorché la frode non abbia portato a una sentenza di condanna della parte contro la quale ha agito il CTU): reclusione da 6 mesi a 3 anni.

    CASI DI COLPA GRAVE

    Questi sono regolati dall’art. 64, cod. proc. civ. “Si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale relative ai periti. In ogni caso, il consulente che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a € 10.329,00. Si applica l’art. 35 del c.p. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti”. I casi ricorrenti possono essere i seguenti.

    1. Il CTU che non avvisa della data di inizio delle operazioni peritali ed esegue una consulenza poi annullata su istanza di parte.
    2. Il CTU che redige una relazione palesemente incompleta – e quindi inutile – che impone la rinnovazione della consulenza.
    3. Il CTU che redige una relazione viziata da grossolani errori materiali e di concetto che viene a costituire il presupposto della decisione del magistrato (può essere, per esempio, una conseguenza dell’aver assunto l’incarico senza avere l’adeguata specializzazione nel settore oggetto della consulenza richiesta).
    4. Il CTU che omette di eseguire accertamenti irripetibili.
    5. Il CTU che smarrisce documenti originali e non più riproducibili contenuti nei fascicoli di parte – specifica previsione di cui all’art. 64, comma 2, cod. proc. civ. (come modificato dalla legge 281 del 4 giugno 1985) peculiarità della “nuova” fattispecie: arresto fino a 1 anno oppure ammenda fino a 10.329,00 euro oltre alla pena accessoria della sospensione dall’esercizio della professione da 15 giorni a 2 anni (art. 35 cod. pen.).

     

    La responsabilità civile
    Si tratta della responsabilità che obbliga il CTU a risarcire i danni arrecati alle parti a causa della propria condotta regolata dall’art. 64 cod. proc. civ. e dagli artt. 1218, 1176, 2043 e segg. cod. civ. La natura della responsabilità, ancorché vi sia una diversa lettura delle norme, dà la prevalenza alla responsabilità di natura extracontrattuale (artt. 2043 e segg. cod. civ.).

    Nel riquadro 2 si possono riconoscere alcuni esempi di condotte colpose che sono suscettibili di arrecare un danno alle parti del processo.

    Alcune fattispecie di danno conseguenti alla condotta del consulente tecnico di ufficio possono rilevarsi per:

    • eccessiva durata del processo;
    • soccombenza di una delle parti (in questi casi non è agevole per il danneggiato dimostrare il nesso causale tra l’esito della CTU e la sentenza sfavorevole);
    • spese sostenute da una parte per ottemperare a un provvedimento del giudice basato su una consulenza rivelatasi errata;
    • spese sostenute da una parte per dimostrare l’erroneità delle conclusioni a cui perviene la consulenza;
    • corrispettivo percepito dal consulente per una prestazione rivelatasi inutile (in questi casi le parti possono legittimamente richiedere dal CTU il compenso percepito).

    Riquadro 2 – Esempi di condotte colpose

    1. Il CTU che, seppur involontariamente, perde o distrugge la cosa controversa e i documenti affidatigli.
    2. Il CTU che omette di eseguire accertamenti irripetibili.
    3. Il CTU che senza giustificato motivo rifiuta o ritarda il deposito della relazione.
    4. Le ipotesi di sostituzione del CTU e di rinnovo della consulenza dovute a imperizia di quest’ultimo che rendono inutile l’attività espletata.

     


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    Fabrizio Fava

    Fabrizio Fava, oltre ad essere stilista designer del fashion system con specializzazione nella costruzione del Brand – Marchio, creazione e gestione dell’immagine aziendale e del prodotto, possiede una conoscenza trasversale e polivalente nella costruzione del prodotto moda. Vanta del riconoscimento di tecnico esperto dall’Ente Camerale di Macerata e con equivalenza dal Tribunale dove è iscritto come CTU e dalla Procura della Repubblica di Macerata come Perito. In ambito giudiziario apporta la propria consulenza tecnica legale per le categorie Tessili e Filiere, Abbigliamento in genere, Maglieria, Calzature, Pelletterie, Accessori Moda, Attività di Comunicazione Pubblicitaria e Proprietà Industriale (contraffazioni). Detiene la carica di "Responsabile della Delegazione della Provincia di Macerata” e di “Consigliere Nazionale" per il Collegio dei Periti Italiani. Dal 2021 è direttore tecnico della rivista Tech Art Shoes, della casa editrice Tecniche Nuove Spa di Milano.

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