L’ingiusta causa, per la decisione del COMITATO sulla tenuta e revisione degli Albi dei CTU presso il Tribunale, è stata affermata nelle motivazioni di sentenza dalla Corte di Appello su opposizione reclamata da un professionista dopo che gli veniva recapitata nel 2020 la missiva di cancellazione all’Albo dei CTU per la perdita dei requisiti sulla “condotta morale specchiata”. Per la Corte di Appello non sempre la condanna di bancarotta imputata alla persona su una attività estranea alla professione del professionista è un requisito essenziale per la cancellazione immediata all’Albo dei CTU. In ragione delle motivazioni espresse, visti gli artt., 14, 15 e 16 delle disp. Att. Cod. proc. civ., la stessa ha deliberato l’annullamento del provvedimento e ha disposto l’immediato ripristino della iscrizione del professionista nell’Albo dei Consulenti tecnici d’ufficio del Tribunale.
Le motivazioni:
1- rilevato che il professionista già iscritto nell’Albo dei CTU presso il Tribunale è stato cancellato dall’Albo all’esito del procedimento amministrativo, in sede di revisione quadriennale, avendo il Comitato ritenuto la connotazione ostativa della condanna per bancarotta per distrazione, commessa nel dicembre 200l, divenuta definitiva nel 2012), in quanto le risultanze del certificato del Casellario giudiziale risultano incompatibili con la persistenza dei requisiti previsti dall’art. 15, comma l°, disp. Att. Cod. proc. civ., avendo il Comitato desunto da tale condanna un giudizio non positivo in ordine alla serietà e moralità del consulente (già iscritto);
2- considerato che trattandosi di fatto incidente sul requisito di ammissione all’Albo della specchiata condotta morale, diversamente dalla diversa fattispecie di commissione di mancanza in costanza di iscrizione all’Albo, non è applicabile al caso in esame, la garanzia procedurale della preventiva contestazione degli addebiti disciplinari, sicché non si è verificata la violazione di legge dedotta in reclamo della omessa contestazione dell’addebito;
3- rilevato che per la condanna per delitto risalente al 2001, con sospensione condizionale della pena (inflitta in misura prossima al minimo edittale) il reato si è, sostanzialmente, estinto a norma dell’art. 167 cod. pen. (non avendo il condannato commesso nel quinquennio altro delitto della stessa indole), tanto più che la sospensione condizionale non può costituire, per sé sola, motivo di impedimento all’accesso a posti di lavoro anche pubblici (art. 166 cod. pen.) sicché, in mancanza di recidiva gli effetti della condanna risultano estinti a mente dell’art. 167 cod. pen. ancorché la procedura di riabilitazione (strada maestra per la estinzione degli effetti penali della condanna) sia stata soltanto preannunciata nel reclamo in discussione;
4- ritenuto che la risalente condanna, nel contesto dell’attività pluriennale di CTU svolta senza rilievi dì sorta, non ha valore sintomatico negativo in relazione al requisito della “condotta morale specchiata” previsto dall’art. 15, comma l°, disp. Att. Cod. proc. civ., in quanto pertinente a condotta della vita privata inidonea a riverberare effetti negativi con riferimento alla attualità della specifica attività professionale del Consulente;
5- ritenuto che Il requisito della “condotta morale specchiata” previsto per la permanenza nell’Albo dei Consulenti tecnici d’ufficio deve essere apprezzato, alla luce dei principi costituzionali (Corte costituzionale, sentenze n. 311 del 1996 e n. 329 del 2007), con verifica funzionale, occorrendo valutare il fatto (nella specie, la condanna penale risalente negli anni) non in astratto, ma in concreto, per la possibile incidenza sullo svolgimento dell’attività professionale (si confronti, in termini, in caso analogo, Cassazione civile sez. II, n. 1171 dci 21 gennaio 2014) riferita alla attualità;
6- considerato che ” … per quanto riguarda condotte apprezzabili sotto il profilo morale, deve operarsi una netta distinzione fra condotte aventi rilievo e incidenza rispetto alla affidabilità del soggetto per il corretto svolgimento delle funzioni o delle attività volta per volta considerate, e che dunque possono essere legittimamente oggetto di valutazione a questi effetti; e condotte riconducibili esclusivamente ad una dimensione privata o alla sfera della vita e della libertà individuale, in quanto tali non suscettibili di essere valutate ai fini di un requisito di accesso a funzioni o ad attività pubbliche o comunque soggette a controllo pubblico. Sotto altro profilo, non potranno essere considerate nè valutate condotte che, per la loro natura, o per la loro occasionalità o per la loro distanza nel tempo, o per altri motivi, non appaiano ragionevolmente suscettibili di incidere attualmente (cioè al momento in cui il requisito della condotta assume rilievo) sulla affidabilità del soggetto in ordine al corretto svolgimento della specifica funzione o attività considerata. Non è infatti ammissibile che da episodici comportamenti tenuti da un soggetto finiscano per discendere conseguenze per lui negative diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge e non suscettibili, secondo una valutazione ragionevole, di rivelare un’effettiva mancanza di requisiti o di qualità richieste per l’esercizio delle funzioni o delle attività di cui si tratta, traducendosi così in una sorta di indebita sanzione extralegale … “. (Corte costituzionale, sentenza n. 311 del 1996);
7- rilevato che, in fattispecie analoga, le esigenze di valutazione e di ponderazione delle condizioni potenzialmente ostative alla assunzione di un impiego sono poi state ribadite dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 329 del 2007, con la quale è stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 128, comma 2 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), ” nella parte in cui non prevede l’obbligo dell’Amministrazione di valutare il provvedimento di decadenza dall’impiego, emesso ai sensi dell’art. 127, comma 1. lett. d), dello stesso decreto, al fine della ponderazione della proporzione tra gravità del comportamento e divieto di concorrere ad altro impiego nell’Amministrazione dello Stato“;
8- considerato che dalle motivazioni delle pronunce citate ai punti 4, 5 e 6, risulta evidente come, ove si debba procedere a valutazioni suscettibili di incidere in via definitiva sulla possibilità delle persone di svolgere un’attività professionale che richieda l’iscrizione ad un Albo, i requisiti di buona condotta o similari devono essere apprezzati con rigore, ma pur tuttavia, alla luce (e nel limite) della essenziale verifica funzionale, nel senso della necessaria indagine della possibile incidenza dell’elemento rilevante ai fini della “condotta” sullo svolgimento delle attività rispetto alle quali quella valutazione si pone come prodromica;
9- considerata non sufficiente la rilevanza di un fatto significativo in astratto (nel caso in esame, condanna penale risalente nel tempo a 19 anni), essendo comunque necessario verificare se quel fatto sia in concreto a tal punto significativo da precludere lo svolgimento dell’attività cui la valutazione di ammissione sia preordinata, sicché deve essere evitato qualsiasi effetto dì automatismo tra l’esistenza di una circostanza di fatto in ipotesi rilevante e l’esclusione dell’interessato dallo svolgimento di un’attività professionale:
10- considerata la carenza di incidenza della condanna penale risalente sulla affidabilità del Consulente d’ufficio in ordine al corretto svolgimento da parte sua della professione e, in ogni caso, la mancanza di proporzione tra la condotta prevista come bancarotta attenuata (per la prevalenza delle attenuanti) e la connotazione espulsiva del provvedimento sanzionatorio di cancellazione dall’Albo;
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