La difficoltà di prevedere i comportamenti è accresciuta dal fatto che tra le motivazioni di consumo di un prodotto culturale vi può essere anche quella dell’antimoda, cioè della ricerca di una differenziazione e di una distinzione dagli altri consumatori di prodotti culturali.
2. Il rischio di previsione: il paradigma nobody knows
Abbiamo visto che il consumo dei contenuti immateriali incorporati nei prodotti dell’industria culturale è caratterizzato da un’elevata volatilità e imprevedibilità. Un attore o musicista affermato, uno stile, anche se fortemente sostenuti da azioni di marketing possono improvvisamente essere percepiti come passati di moda, mentre nuovi portatori di significato (o nuovi significati) possono altrettanto improvvisamente emergere o essere adottati dai consumatori. Si può affermare che il consumo dei prodotti ad elevato contenuto immateriale è soggettivo e non guidato da razionalità (Hesmondhalgh,2002). La difficoltà di prevedere i comportamenti è accresciuta dal fatto che tra le motivazioni di consumo di un prodotto culturale vi può essere anche quella dell’antimoda, cioè della ricerca di una differenziazione e di una distinzione dagli altri consumatori di prodotti culturali (Garnham 1990). Il consumo di un bene può quindi anche svilupparsi in opposizione ad un trend socio culturale dominante.
L’elevata incertezza e variabilità si traduce in elevato rischio di previsione che si traduce in un’alta percentuale di insuccessi nel lancio di nuovi prodotti e servizi. E’ ad esempio noto che la maggior parte dei film prodotti genera perdite. Una regola pratica negli USA è considerare che su dieci film sette siano in perdita, due raggiungano il break-even e uno realizzi incassi superiori ai costi compensando le perdite degli altri. In sostanza gli incassi delle case cinematografiche dipendono quasi interamente da pochi grandi hit.
Anche nell’industria della moda il rischio di previsione è una componente di grande importanza. La variabilità, l’imprevedibilità e la molteplicità dei fattori che determinano il successo o il completo insuccesso di un capo di vestiario che diventerà il best-seller (o un bad-seller ) della stagione determinano, al lancio di una nuova collezione, rischi maggiori di quelli che si incontrano in altri settori industriali all’introduzione di un nuovo prodotto. Il problema non è di poco conto se si considera che ad ogni stagione i nuovi prodotti/modelli rappresentano da un minimo del 30% delle vendite ad un massimo del 100% per chi è specializzato nei prodotti più trendy. Si stima che almeno il 20% del costo di produzione di una collezione sia la componente imputabile agli errori di previsione, valutati sulla base del costo dell’invenduto a fine stagione (Centro Einaudi, 2002).
Questo tipo di rischio è connesso alla fase di identificazione delle tendenze ed è quello a cui più comunemente si fa riferimento quando si pensa al mondo della moda.
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