Il Tribunale: assoluzione per braccialetti macramè non sono una contraffazione
In un contesto dove la tutela della proprietà industriale si intreccia con la tradizione artigianale, un’importante sentenza del Tribunale Penale di Napoli ha emesso una assoluzione per braccialetti macramè ribaltando le accuse mosse a un imprenditore del settore moda, ritenuto responsabile di aver commercializzato braccialetti in macramè troppo simili a quelli di un noto marchio. Dopo un processo dettagliato, il Giudice ha assolto l’imputato con formula piena: “perché il fatto non sussiste”.
Alla base della decisione vi è stata una complessa comparazione tecnica condotta dal sottoscritto come Consulente Tecnico di Parte della difesa, incaricato di esaminare i presunti profili di contraffazione tra i prodotti oggetto di contestazione e i modelli registrati dalla parte denunciante.
L’oggetto del contendere: simboli, nodi e registrazioni
L’accusa sosteneva che i braccialetti commercializzati riproducessero elementi visivi coperti da registrazione: motivi decorativi come cuori, quadrifogli, farfalle e stelle, tutti realizzati con la tradizionale tecnica del macramè, ovvero un intreccio a nodi che richiama la simmetria ornamentale di origini antiche. La parte denunciante riteneva che tali caratteristiche fossero sufficienti a configurare una contraffazione.
Ma la difesa ha dimostrato ben altro. La perizia tecnica ha scomposto ogni elemento dei braccialetti oggetto di sequestro, confrontandolo con i modelli registrati. È emerso che nessuno di questi accessori riproduceva fedelmente le caratteristiche distintive dei modelli originali.
La perizia tecnica: tra semiotica, design e tecnica
Il cuore della consulenza è stato un confronto analitico su più livelli. Dal punto di vista strutturale e decorativo, i braccialetti prodotti dall’imputato presentavano sequenze di motivi differenti, con simboli distribuiti in modo non corrispondente ai registri protetti. Attraverso un’analisi visiva e tecnica articolata, sono emerse differenze sostanziali e ripetute tra i modelli: dalle proporzioni dei motivi alla loro sequenza, dalla distanza tra gli elementi decorativi alla struttura della chiusura. I braccialetti analizzati non riportavano l’elemento grafico centrale e registrato del marchio tutelato – una lettera stilizzata – né replicavano l’organizzazione simmetrica dei motivi dei modelli depositati.
A livello visivo e comunicativo, i prodotti differivano radicalmente anche per il packaging, per l’espositore e per i cartellini identificativi, tutti con branding autonomo e dichiarazioni “Made in Italy” chiaramente riferite a un altro produttore. Questo ha escluso la possibilità di confusione per il consumatore medio, che è in grado di distinguere facilmente i due marchi grazie anche alle rispettive campagne pubblicitarie e ai canali distributivi separati.
Il valore culturale del macramè: tra tradizione e libertà creativa
Un aspetto chiave affrontato nella perizia riguarda la natura stessa del macramè, una tecnica decorativa a nodi di origine araba, diffusasi nel Mediterraneo e poi in Europa a partire dal XV secolo. Questa lavorazione è caratterizzata dalla ripetizione simmetrica di motivi geometrici o figurativi, e viene impiegata da secoli per creare elementi architettonici ma anche accessori, ricami e decorazioni artigianali nel settore tessile moda. Anche nella lavorazione contemporanea è stata reinterpretata in varie forme fino a diventare componente ricorrente della moda attuale – soprattutto in accessori che si richiamano allo stile vintage, al punk, al gotich e allo stile “romantic-lolita”.
Simboli come cuori, farfalle, quadrifogli o stelle non possono essere considerati innovativi in sé, né esclusiva di un brand, trattandosi di motivi archetipi condivisi, diffusamente impiegati nella tradizione orafa e tessile, anche a livello folklorico e popolare. La semplice scelta di questi motivi, replicati in sequenza, non costituisce di per sé un atto imitativo, specie quando l’estetica generale, le proporzioni, le tecniche e l’identità commerciale sono diverse e riconoscibili.
La sentenza: il fatto non sussiste
Il Tribunale ha accolto la ricostruzione difensiva, affermando che le differenze tecniche ed estetiche rilevate escludevano qualsiasi ipotesi di imitazione servile. Non solo mancava la riproduzione fedele dei modelli registrati, ma l’organizzazione compositiva, la struttura dei nodi e l’assenza del logo identificativo rendevano evidente che si trattava di prodotti autonomi e distinti, nati da una diversa visione artigianale.
È stato dunque stabilito che nessun rischio di confusione era ravvisabile, nemmeno per il consumatore medio, che – anche grazie a campagne marketing, packaging e canali di distribuzione differenziati – è perfettamente in grado di distinguere tra le due aziende.
Un precedente utile per il settore moda e artigianato
Questo caso rappresenta un precedente fondamentale per artigiani, designer e piccole imprese che si confrontano con le dinamiche spesso complesse del diritto industriale.
Dimostra che:
- Non è sufficiente un’apparente somiglianza per essere condannati per contraffazione;
- La documentazione storica, l’analisi semantica e le prove tecniche sul design possono rivelarsi decisive;
- Le tecniche tradizionali, come il macramè, non possono essere brevettate nella loro essenza, né tantomeno ogni loro rappresentazione simbolica.
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